Danila Baldo con ‘Mamma, anche io valgo quel che valgo’ racconta una giornata d’inverno di una casalinga negli anni ’60 nel Lodigiano e della consapevolezza di genere ‘sentita’ sulla pelle ma a cui “non riesce a dare nome”.
“Aspetto ancora un po’ ad alzarmi, si sta bene sotto le coperte al calduccio… fuori ha nevicato stanotte”, pensava così Lei alle sei e mezzo, quando Lui era già uscito al buio, per prendere il pullman per Milano, dove lavorava in una ditta a piazza San Babila. Un’occhiata a noi che stavamo dormendo nei due lettini da un lato e dall’altro del lettone e poi di nuovo… “sotto”, si dice Lei tra sé e sé, in pieno dormiveglia. Lui, come tutte le mattine, si era fatto un po’ di colazione da solo, senza pretendere che Lei si alzasse per preparargliela e neppure per fargli compagnia, anzi… le aveva detto: “Stai a letto finché puoi, fuori c’è una nevicata!”
Lei, sotto le coperte, sa che tra un po’ dovrà alzarsi, svegliare la Bambina e il Bambino, preparare la colazione e accompagnarli a scuola: se c’è la neve, tutto si complica… meglio alzarsi prima!
Che se ne fa una donna dell’intelligenza?
La Bambina ha dieci anni ed è in quinta elementare, il Bambino cinque ed è già entrato in prima… così possono frequentare tutte e due la stessa scuola e poi, per un maschio, è importante guadagnare un anno di scuola, che vuol dire finire prima anche l’università e trovarsi prima un buon lavoro! Lei, che ha voluto fortemente quell’anticipo (la scuola è privata, gestita da suore, per questo è stato possibile quell’anticipo: si paga!!), lo ripete spesso e va fiera del suo figlio maschio, che dovrà ricompensarla di tutte le fatiche fatte, avere una professione importante e portare onore a tutta la famiglia! La Bambina, invece, nata malaticcia, sempre con qualche problema di salute, con tutta la sua intelligenza le fa quasi rabbia… che se ne fa una donna dell’intelligenza se il massimo che può fare è piacere a un uomo, fare figli e stare in buona salute per badare a tutta la famiglia? Non solo è un talento sprecato, ma potrebbe anche essere controproducente… era meglio un buon fisico… e così le prepara tutte le mattine la resumada, sbattendo bene uova e zucchero, per rinvigorirla.
Sembra che Mina stia cantando per lei
Ben prima delle sette e mezzo Lei si alza, accende la radio e ascolta la voce di Mina in uno dei suoi ultimi successi “Io sono quel che sono e valgo quel che valgo / Ti offro umilmente quel che rimane della mia vita / Che non ha senso che non è vita senza di te / Senza di te Senza di te” e si ritrova a canticchiarla intanto che sveglia i due lasaron, come le piace dire, e le sembra che Mina stia cantando per lei, mentre pensa a Lui che sarà sul pullman… starà parlando seduto vicino a qualcuno… o qualcuna… per qualche secondo si sente sola, si sente di invidiarlo… ma è solo un istante e dopo è già pronta a uscire e affrontare la strada bagnata e scivolosa.
La lavatrice? Per le lenzuola e basta
La mattina corre via veloce, tra spesa e mestieri: anche se non è giornata di grosse fatiche, bisogna sempre far su i letti, spazzare i pavimenti, passare la lucidatrice, spolverare tutta la casa e pulire il bagno. Poi c’è sempre qualcosina da lavare… a mano, ovviamente, perché la lavatrice, appena comprata, serve per le lenzuola e basta: che fatica lavare le lenzuola a mano nella vasca… se ci ripensa… ora si sente una regina! Lavare a mano qualche indumento ogni giorno in fondo non le pesa… il tempo ce l’ha e la luce costa! È nata e cresciuta in cascina, in mezzo al fango, alle galline per casa e alle vacche da latte dietro il muro, con la luce elettrica arrivata poco prima che si sposasse… ora vivere in una casa con le piastrelle per terra, pulita e ordinata… le sembra un sogno.
Vedrai che non ti saprà mantenere!
Intanto che si prepara qualcosa da mangiare ma soprattutto che cucina per la sera, si sente fortunata ad aver trovato un uomo meno grezzo dei fittavoli che vedeva passare per la cascina e a cui ha rischiato di vedersi consegnata dal padre padrone che ricorda come suo padre. Come le hanno fatto pesare che Lui, così più gentile e istruito, fosse un teron, non uno della loro razza, come dicevano… che fosse educato e per bene non potevano negarlo, ma non era uno di loro… te vedarè ch’el sarà bon no da mantegnite, le dicevano… ma Lei ha saputo resistere, aspettare e alla fine l’ha avuta vinta.
A una donna in casa non serve il diploma
Certo che alle volte, senza che se ne accorga, il pensiero va alla sua famiglia e diventa amaro. Sei fratelli tutti fatti studiare, dall’avvocato ai ragionieri, e uno che si è beccato le bestie, il camion e il mestiere del padre; loro tre sorelle… tutte ferme alle commerciali… e tanta grazia che le hanno fatte studiare fin lì… tanto dovevano sposarsi e a una donna in casa non serve il diploma! Anzi… meno sa e più ubbidisce senza storie! E lei, la seconda di nove figli, ha dovuto anche allevare tutti quelli venuti dopo di lei, meglio di sua mamma che era sempre incinta o malata. E un minimo di riconoscenza… niente! Tutto dovuto! Più che rendersene conto, ha sempre sentito sulla sua pelle il bruciore dell’ingiustizia, ma non ha mai saputo darle un nome e, quindi, non è riuscita mai a staccarsene del tutto da quella mentalità tutta dalla parte dei maschi. Se non c’è coscienza, la Storia si ripete.
Ma un po’ di coscienza c’era e si riprometteva di far studiare allo stesso modo sua figlia e suo figlio. Ma il po’ di coscienza non le era bastato a farle prendere le decisioni giuste appena sposata.
L’abito da sposa ‘in affitto’
Lui aveva trovato un buon posto in un ufficio a San Babila (in quei tempi un ragioniere era come un laureato in economia di adesso, ricercato e ben pagato, non erano ancora tempi di crisi, anzi, erano gli anni del boom!). Si erano trasferiti a Milano (la Bambina è stata concepita lì, in piazza Napoli) e tutto poteva procedere per il meglio. Ma Lei non seppe staccarsi dalla sua famiglia (pur vivendola come oppressiva e ingiusta: era come un pugno allo stomaco ricordare che non le avevano neanche comprato l’abito da sposa, ma solo affittato… tanto sposava un poveraccio…) e aveva costretto Lui a trasferirsi in provincia e a vivere tutta una vita da pendolare, nelle nebbie intense e nelle abbondanti nevicate invernali e nel caldo afoso, quasi insopportabile sui pullman senza condizionamento nelle estati della bassa pianura Padana.
La profezia
In effetti, ripensa Lei, mentre accanto alla stufa accesa aspetta le quattro del pomeriggio per andare a riprendere i figli a scuola, forse era meglio Milano, più pieno di vita e di cose interessanti… ma allora era troppo giovane e inesperta di tutto per poterlo apprezzare, e poi, che cosa poteva fare una giovane donna incinta, sola, senza le sue donne di famiglia accanto? Dice fra sé e sé quasi a giustificarsi. Lui le aveva detto che forse era meglio aspettare prima di fare un figlio, che non è che avessero ‘sti gran soldi, che forse… se avesse lavorato anche lei, avrebbero potuto concedersi qualche lusso (o bene indispensabile!) in più… almeno solo per qualche anno… almeno prima di far aumentare la famiglia… Apriti cielo! Lei lavorare! Ecco che si avverava la profezia che aveva sposato uno che non era in grado di mantenerla! Meglio fare subito un figlio e dimostrare al mondo che aveva sposato un uomo tanto in gamba quanto i suoi fratelli! Sapeva che Lui era di molto migliore di loro, ma Lei ha passato tutta la vita a doverlo dimostrare!
Al ritorno da scuola, Lei si siede di nuovo sulla sua poltroncina di vimini vicino alla stufa, contenta perché tornando ha incrociato per le scale la vicina e si è fatta dare l’ultimo GrandHotel da leggere (scambiandolo con un Mani di Fata avuto dalla sorella), mentre la Bambina e il Bambino giocano sulla copertina che Lei ha steso per terra: le piastrelle sono lucide e pulite, ma freddissime. Aspettano così che torni Lui dal lavoro: appena sentono i suoi passi sulle scale, si accalcano già davanti alla porta e quando si apre è una gara a chi riesce a salutarlo prima. Ma vince sempre Lei che lo accoglie con un bacio e un abbraccio “Ti offro umilmente quel che rimane della mia vita / Che non ha senso / che non è vita senza di te”. Lui fa fatica a contenere la gioia che hanno la Bambina e il Bambino nel rivederlo e lo pretendono subito, senza neanche aspettare che si tolga il cappotto, come giudice del loro ultimo litigio.
Un lavoro tutto per sé
La cena è pronta e si mangia in allegria, oggi è andato tutto bene. Lei prepara e dispensa il cibo, Lui sparecchia e lava i piatti… è stato tutto il giorno fuori, a lavorare, ma sa benissimo che anche lei ha lavorato… e fra la casa e i figli forse anche più di lui… Lei è capacissima nel farglielo considerare… in fondo si è scelta quell’uomo, contro tutto e tutti, proprio perché sentiva che non sarebbe stata sfruttata senza riconoscimenti come in casa sua… ma sente anche, in fondo in fondo in fondo… che avrebbe preferito anche lei un lavoro vero, pagato, suo, riconosciuto dal mondo. Sente di essere del tutto vincolata a quella sua gente dalla mentalità grezza, che non apprezza più di tanto, ma da cui non riesce ad allontanarsi: anche quando chiamano teron suo marito, non riesce a ribellarsi come dovrebbe e, quando litigano, anche lei lo chiama così, proprio per offenderlo.
Ma si vogliono un gran bene e parlano molto, litigano spesso perché si prendono sul serio, affrontano insieme la vita con tutte le sue difficoltà, fanno i conti con i loro passati diversi, le loro educazioni differenti… Lei prova antagonismo per le sue forti cognate, donne del sud, ma più autonome di lei, contadine messe a dura prova dal lavoro nei campi, volitive e indipendenti. Vede lei e le sue sorelle e cugine come piccolo borghesi legate al desiderare come massimo traguardo la pelliccia di visone e le vacanze a Cogoleto!
Il nome giusto delle cose
Vede e non vede, perché è completamente dentro quell’acqua. Vede, sente, ma non riesce a dare un nome alle cose. Sa però che è importante saper dare un nome alle cose, per questo farà studiare anche e soprattutto la Bambina, anche se il suo futuro sarà di doversi sposare e stare in casa… ma almeno saprà, meglio di lei, capire che cosa avrà intorno… e non sarà poco!
‘Cara mamma,
quella Bambina, che ha ancora in bocca il sapore della resumada, ti ringrazia e sa che se è riuscita a studiare, avere un bel lavoro, essere a sua volta madre e donna di casa consapevole, lo deve a te, casalinga in tutto e per tutto, ma che guardava con occhi lucidi le donne che camminavano da sole per strade loro ed erano padrone della loro vita.
E libere’.
Danila Baldo, docente, è referente lodigiana di Toponomastica femminile.
Già Consigliera di Parità, è anche attivista con Se non ora, quando? Snoq Lodi e con Ife Italia – Fae
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