In piena pandemia ricordi d’infanzia delle ‘signorine anni ’60’ in ‘Lisetta, di mele e di latte’ di Elisabetta Salis. Italia, marzo 2020
Marzo, il mese più oscuro di questo 2020, sono uscita tutti i giorni per andare a lavoro, ho percorso a piedi e in solitudine la strada, avvolta in pensieri densi come nuvole colore del corvo, ad ogni passo, ogni giorno, ho provato a ricostruire le mie stanze tutte per me. Una mattina un torsolo di mela lungo la strada mi catapulta in un ricordo di me bambina e mi fa rientrare nella mia prima stanza tutta per me.
Accade talvolta che delle petites madeleines bussino soavi e nostalgiche, ricordi di bambina lievi e dolci come il succo delle mele.
Lisetta, Lina e Annetta erano le amiche di mamma, signorine si diceva negli anni ’60, abitavano una grande casa, piena di stanze, ai miei occhi di bambina, segrete, alle quali io avevo accesso incondizionato. Un solaio, lastricato di grandi tavole di legno grezzo slavato e consunto di passi felpati, aveva una piccola finestrella i cui scuri erano sempre accostati e dalle cui fessure si intravvedeva il giardino di sotto, con gli alberi di limoni e arance a sinsistra, i viola, i bianchi e i gialli delle cinerarie messe a dimora in cerchi concentrici, a destra, lo studio del vecchio medico condotto del paese era adibito a custode delle damigiane dell’olio e del vino, in fondo, vicino al cancello verde, una bouganvillea fucsia troneggiava come l‘abito di una delle fate della Bella Addormentata.
Il solaio, la mia prima stanza tutta per me
Dicevo dunque del solaio, custodiva la frutta per tutto l’inverno in vece dei frigoriferi, le mele giacevano a formare un tappeto giallo e rosso intessuto a maglie grosse come i pipiones sardi; alla fine del pranzo, consumato in una grandissima tavola con la compagnia dei gatti che sempre sedevano con noi, nei grembi caldi ora dell’una ora dell’altra, accoccolati caldi di pelo, Lisetta diceva : Bebetta, vai tu in solaio a prendere la frutta? – Ecco, il solaio è stata la mia prima stanza tutta per me, era allora che, fiera come se mi fosse stato assegnato il compito più grande che esistesse, salivo le scale anch’esse di legno consunto, con un cestino in mano, certamente intrecciato da mani callose del lavoro negli orti, e tornavo a tavola con il mio piccolo raccolto.
Lisetta, una donna indipendente
Lisetta aveva una latteria, di quelle in cui si andava con la bottiglia di vetro a comprare il latte sfuso, bianco e denso di spuma, misurato con i decilitri, i centilitri, il litro, unità di misura di ferro annerito. Lisetta era bionda, aveva gli occhi azzurri e amava il colore viola, aveva anche lei la sua stanza tutta per sé, non vi custodiva quaderni e penne ma tavole di legno su cui disporre i biscotti, le gallettine diceva, appena impastati, le ricotte ottenute dal siero caldo del suo latte, quel latte denso e spumoso che lei, mai diventata madre, dispensava e che era, assieme alle ricotte, ai biscotti e ai frutti dell’orto, la sua fonte di sostentamento, Lisetta, che viveva con le sue sorelle e non si è mai sposata, ma che ha sempre ottenuto con la sua libertà tutto ciò di cui aveva bisogno per vivere, una donna indipendente, in un piccolo paese della Sardegna dove la maggior parte delle donne doveva vivere dei guadagni degli uomini di casa, ‘limitandosi’ a contribuire con un lavoro mai retribuito in moneta, eppure di enorme valore, quel lavoro domestico e di accudimento dei figli sempre dovuto e la maggior parte delle volte mai riconosciuto, quel lavoro che implicitamente e tacitamente doveva sempre venire prima dell’essere donna.
Amore, in tutto ciò che faccio
Io, al contrario di Lisetta, sono diventata madre, madre felice, e non ho mai abdicato al mio essere donna e persona, mi porto dietro fin dal liceo una grande passione per i classici greci e coltivo animatamente ogni mio interesse, metto amore in tutto ciò che faccio, coltivo la compassione e l’apertura, ho provato ad elargire ai miei figli, sempre con il rispetto per la loro individualità e libertà di scelta, tutto ciò che fa ognuno di noi un essere consapevole. Ho vissuto nella mia Isola fino ai 25 anni circa, poi sono arrivata a Milano, per scelta, e qui ho ricostruito tutto, Milano oggi è la mia dimensione, anche se la mia vera dimensione dell’anima è la montagna con le sue altezze.
Elisabetta Salis
54 anni, sarda di origine, liceo classico e laurea in Biologia, vive a Milano da 26 anni e ha 2 figli ‘sparsi’ in Europa: per scelta ha rinunciato a lavorare per crescerli; ora ha un impiego in uno studio medico. Oltre ai classici greci, ama l’arte e la sua storia in tutte le sue espressioni, dalla pittura alla scultura, dal teatro classico alle nuove espressioni artistiche.
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