Ama leggere le foglie ma per sua madre è nata per perdere tempo. Le donne sono ‘Libere, ma solo in teoria’, scopre Annalisa Petronelli nella ricerca di sé.
Di solito non trovo la mia ragione di vita nelle cose comuni, non un valido o insulso motivo per alzarmi la mattina e godere della gioia di vivere. Ho meno di 40 anni, non ho concluso niente e sono una disgrazia.
So di essere intelligente ma ho fallito, mi sono giocata male questa vita perché sembra che, come mia madre dice sempre, sono nata per perdere tempo.
Vedo che donne di 20 e 30 anni pensano a cose che io non ho valutato e a cui non ho dato nessun valore, mai. Tra laurea, acquisto della casa, terzo figlio e chissà che altro, i loro sogni si avverano.
Io non ho sogni da realizzare ma solo fantasie che uso per addormentarmi e che dimentico la mattina seguente. Non prendo impegni, nessuna questione mi incanta, nessuna prospettiva mi affascina.
Libere e emancipate?
Non mi adeguo alla società, al pensiero comune, ai modi di fare, alle malattie dell’oggi. Sono distratta, tra le nuvole.
So sfuggire alla razionalità di chi, per esempio, non legge le poesie scritte sulle foglie secche.
Si dice che attiriamo tutto ciò che vibra con la nostra parte più profonda e questo non sempre è felicità.
Vivo in un periodo storico nel quale le donne sono libere e emancipate, il che è positivo. Consideriamo vero il concetto di ‘libere e emancipate’ ma ci sono alcune donne che riflettono su argomenti che mi fanno pensare che le cose non sono cambiate del tutto, così è ancora necessaria una fede al dito ed è ancora importante l’approvazione di un uomo. Siamo libere ma ancora insicure, per certe donne è così.
Il giusto silenzio e uno spazio tutto per sé
Simona mi chiede come mai non ho la necessità di sposarmi o convivere, come fa lei. Vuole sapere perché credo sia bello avere spazi propri e il giusto silenzio. Certo, ammette che la carta di credito del suo compagno è sempre disponibile, in cambio deve solo allevare i figli di lui. Non sa più se questo compromesso le piacerà ancora a lungo.
Marisa piange perché è ingrassata, ormai è obesa e l’uomo che le piace non esce con lei. Marisa piange perché il suo datore di lavoro la apprezza lavorativamente me le chiede di rendersi apprezzabile anche in altri ambiti perché i suoi occhi vogliono vedere cose piacevoli. Le cose piacevoli sono i corpi delle sue dipendenti.
Fiammetta tollera ormai poco il mobbing. È la nuova compagna del responsabile del centro per anziani nel quale lavorano insieme.
Il bisogno di approvazione
I proprietari della struttura parlano a voce alta e dicono che è una puttana perché “se la fa” con il responsabile. Dunque lui è un puttaniere? No. Lui è uno che lavora e lei lo ammalia come le femmine sanno fare.
Io, è vero, io non so ancora dove voglio arrivare ma mi piacerebbe portare via, in maniera leggera, delicata e definitiva, dalle teste di queste donne, compresa la mia, la sensazione indotta, ingiustificata e dolorosa di bisogno di approvazione e accettazione.
Scritto per il Virginia Woolf Project da
Annalisa Petronelli
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