Questa è la storia del primo giorno della nuova vita di Flora, donna contro gli stereotipi dell’epoca, in ‘Tata per la vita’, Lugano, anno 1945.
Mi chiamo Flora, ho 25 anni, e oggi è il primo giorno della mia nuova vita.
Sono partita in treno da Lodi stamattina presto, mi trovo in Svizzera, a Lugano, in una grande villa: oggi è il giorno in cui inizierò il lavoro che ho scelto per me stessa: seguire ed educare Giorgia e Marco, figli di una famiglia benestante. Sarò la loro ‘tata’. Il loro padre è un avvocato famoso e molto impegnato, la madre è spesso in viaggio, ma oggi, mi ha detto, è “a casa appositamente per conoscere me, che sarò il suo braccio destro durante le sue assenze in questo impegno da parte mia per lei e la sua famiglia di fondamentale importanza, dato che lei non può assolutamente rinunciare alla sua vita mondana per curare i suoi cuccioli adorati”, ed io aggiungo: “..e per farmi un sacco di domande intime sulla mia vita, mettermi in soggezione scrutandomi dalla testa ai piedi con i suoi occhi grandi e indagatori!”
Un impegno importante
Sono molto nervosa perchè questa situazione è del tutto nuova per me, finora tutta la mia esperienza con l’infanzia è stata badare alle mie sorelle e a qualche nipote e con buoni risultati ma, in questa occasione, ho paura di sbagliare anche solo nel presentarmi! Sento il cuore battere veloce, è la prima volta che affronto un impegno così importante, avrò la grande responsabilità di educare una bambina e un bambino piuttosto difficili che non fanno parte della mia famiglia, da sola, senza la possibilità di poter tornare a casa mia, in Italia, se dovesse succedere qualcosa, qualsiasi cosa, perchè questo lavoro l’ho accettato senza l’approvazione di mio padre. Non darò a vedere la mia agitazione. Sono brava a nascondere l’ansia. Continuo a ripetermi che andrà tutto bene, calmati Flora…
Le ragazze ‘normali’ alla mia età sono già sposate
In questi anni del dopoguerra e nel mio ambiente borghese, è difficile che una ragazza decida di avventurarsi in una scelta autonoma come quella in cui mi sto cimentando. Le ragazze ‘normali’ alla mia età sono già sposate, soddisfano le aspettative della famiglia con un bel matrimonio, hanno una casa di cui occuparsi, la donna di servizio, una vita tranquilla spesa in funzione di marito e figli. Questa sarebbe la ‘bella’ vita che la mia famiglia vorrebbe anche per me. Ma io non voglio vivere in questo modo, non voglio giornate senza stimoli, dover accettare la vita familiare borghese mi farebbe impazzire. Voglio di più per me stessa, ed è per questo che ho deciso di prendere al volo questa opportunità, “carpe diem”, mi sono detta.
Voglio avere la possibilità di diventare autonoma
Questo lavoro mi offre la possibilità di diventare autonoma, avrò uno stipendio tutto mio, metterò da parte del denaro per quello che desidero e per la vecchiaia, voglio poter decidere per me stessa, voglio studiare, voglio frequentare ambienti e persone stimolanti, voglio viaggiare, imparare a cavarmela con i miei soli mezzi; se deciderò di sposarmi lo farò perchè l’ho deciso io e se troverò la persona giusta per me, e se non vorrò sposarmi sarà la mia scelta.
“Tornerai a casa implorando”
Mio padre è molto contrariato e avrebbe preferito, ovviamente, che mi sposassi come ha fatto mia sorella, magari con ‘un buon partito’ che avrebbe scelto lui, o che per lo meno sarebbe stato di suo gradimento. Quando, qualche giorno fa, gli ho comunicato la mia decisione di andare a lavorare all’estero ha fatto una sfuriata, imprecava e diceva che non ce l’avrei mai fatta, “una ragazza, da sola, a Lugano, in una famiglia che non conosco e che non ho potuto nemmeno controllare!” .“Tornerai a casa implorando perdono” – ha urlato – “..e quando tornerai, perchè so che tornerai sicuramente, non credere di ritrovare tutto come prima, dovrai sudartelo il rientro in famiglia, l’ho sempre saputo che tu saresti stata un problema! Dovresti prendere esempio da tua sorella, lei si che mi ha dato soddisfazione!”. Stamattina alla mia partenza per Lugano papà non è venuto ad accompagnarmi in stazione per prendere il treno, d’altronde me lo aspettavo. Mi dispiace tantissimo, e capisco il suo disappunto. La mia voglia di indipendenza però è troppo forte quindi, testarda, quel treno l’ho preso da sola e sono venuta qui dove so che c’è per me questa possibilità. La mamma non ha detto una parola, era bloccata, terrorizzata dalle urla di mio padre, vedevo che era dispiaciuta per la scenata, ma ho capito che era anche orgogliosa di me, l’ho visto distintamente nel suo sguardo; ne ho avuto la prova quando mi ha passato, di nascosto da mio padre, del denaro che aveva messo da parte per le emergenze, dicendomi di usarlo per acquistare il biglietto del treno e per quello di cui avrei avuto bisogno: “Abbi cura di te, stai attenta”.
Una bella sfida!
Ed ora che sono finalmente arrivata a Lugano posso conoscere Giorgia e Marco: Giorgia è timidissima, diffidente, quando mi ha vista mi ha salutata sottovoce e, arrossendo, è scomparsa nella sua camera. Marco è un ragazzino difficile, mi hanno detto che ha problemi con l’alimentazione, rifiuta di mangiare alcuni cibi temendo che gli verrà qualche malattia gravissima… La mia camera è accanto alla loro, a quanto pare il mio lavoro sarà molto impegnativo: se Giorgia e Marco si dovessero svegliare durante la notte perchè, ad esempio, stanno male o per qualsiasi altra ragione sarò io che dovrò prendermene cura, sarò per loro l’appoggio, la guida, l’insegnante, e tutto quello che finora non sono stati i genitori, 24 ore al giorno, 6 giorni alla settimana… Appoggio la valigia, osservo la camera spaziosa e profumata che sarà il mio rifugio per i prossimi anni: un letto comodo, un armadio capiente, la grande finestra luminosa da cui si vede il parco della villa, e la scrivania dove potrò raccogliere i pensieri per scrivere la lettera in cui spiegherò a mio padre le ragioni della mia scelta, so già che capirà quando gli sarà passata la rabbia verso questa figlia ‘ribelle’, è solo questione di tempo, il tempo aggiusta tutto. “Sarà davvero una bella sfida!”
“Ci ho messo tutta me stessa e sono orgogliosa di quello che ho fatto.”
Flora, alla soglia del secolo di vita, nei suoi ricordi racconta di aver cresciuto con tutto l’impegno possibile Giorgia e Marco. Non si è mai sposata, ma ha avuto degli amori, durante la sua permanenza in Svizzera ha studiato lingue, ha lavorato come segretaria per il padre di Giorgia e Marco; ha viaggiato in Europa, ha frequentato ambienti facoltosi ed importanti per quell’epoca ed ha conosciuto personaggi famosi come ha sempre sognato. Ha fatto anche pace con il padre. In tutti questi anni ha continuato a frequentare e ha avuto sempre l’appoggio della famiglia per cui ha iniziato a lavorare nel 1945 anche quando, pensionata, è tornata a vivere in Italia per stare accanto alla sorella, che nel frattempo era diventata vedova.
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