“Un libro deve in qualche modo adattarsi al corpo” scrive Woolf in ‘Orlando’ rifacendo trovare al suo personaggio l’ispirazione creativa una volta divenuto donna. La ‘passeggiata’ della flâneuse attraversa i secoli, i generi umani e i canoni letterari
Yet still, for all her travels and adventures and profound thinkings and turnings this way and that,
she was only in process of fabrication.
What the future might bring, Heaven only knew.
Change was incessant, and change perhaps would never cease. (Orlando)
Eppure, nonostante tutti i suoi viaggi, le sue avventure, i suoi pensieri profondi e le sue svolte in un modo e nell’altro, era solo in fase di fabbricazione. Quello che il futuro avrebbe potuto portare, solo il cielo lo sapeva. Il cambiamento era incessante e forse il cambiamento non sarebbe mai cessato. (Orlando)
“La modernità di Orlando è tutta qui. queste poche righe Woolf ci dà un’idea sinottica del continuo cambiamento che travolge il personaggio, di un’androginia smascherata lentamente nel testo, che si manifesta in modo palese solo nel terzo capitolo, quando l’autrice decide di far diventare Orlando una donna”. Valentina Borla
Il cammino verso l’indipendenza delle donne, ancora una volta, che Virginia Woolf conduce nei suoi saggi e romanzi e che Valentina Borla ci ha fatto conoscere grazie a stralci della tesi ‘A Street of One’s Own: lo spazio della flâneuse in Virginia Woolf’, raggiunge l’apice con questo quinto e ultimo approfondimento che analizza in particolare ‘Orlando’, personaggio immaginifico che nasce uomo e quattro secoli dopo, agli albori del Novecento, con l’era moderna, si trasforma in donna, come ad aver raggiunto la piena maturazione, la completezza. Come se Virginia Woolf avesse compiuto una scelta di consapevolezza e la volesse consegnare alle generazioni future.
La trasformazione di Orlando
Nella sua tesi Borla, analizzando gli scritti woolfiani, ci ha già portate a conoscere la ‘flâneuse’, donna che si emancipa dallo stereotipo della ‘passeggiatrice‘ e acquisisce autonomia: cammina per la città, da sola, inseguendo i propri pensieri, destinata a diventare potenzialmente quella figura indipendente il cui percorso è poi chiaramente indicato nel reale in saggi come ‘Una stanza tutta per sé’ o ‘Le tre ghinee’.
Qui Borla sottolinea l’evoluzione di Orlando che, baciato mentre dorme dalla regina Elisabetta I (per noi oggi è impossibile non effettuare un paragone col bacio del principe azzurro alla Bella Addormentata, ndr) si sveglia donna secoli dopo in una Londra ormai moderna e caotica.
Orlando riscopre la voglia di scrivere il romanzo che aveva in mente da tempo:
“Questo bisogno costante di dedicarsi alla scrittura si colloca sui margini della metafora – scrive Borla -. Orlando non ha solo bisogno di esprimersi in quanto artista ma anche – e soprattutto – in quanto donna (…) Perché ci siano tutte le condizioni favorevoli, Orlando dovrà rientrare in Inghilterra e scegliere un’altra forma narrativa, che si avvicini maggiormente alla sfera femminile a cui ora sente di appartenere, a conferma che “a book has somehow to be adapted to the body” (un libro deve in qualche modo adattarsi al corpo)”.
Le stanze luminose del processo creativo
In questo quinto stralcio c’è poi riferimento al processo creativo di Woolf accennato in Orlando.
“Slowly there had opened within her something intricate and many-chambered, which one must take a torch to explore, in prose not verse” scrive Virginia Woolf (Lentamente si era aperto dentro di lei qualcosa di intricato e dalle molte stanze, da esplorare con una torcia, in prosa non in versi).
“Quest’immagine “multicamerale” che si apre nella mente del personaggio non può che ricordarci – sottolinea Borla – un’annotazione diaristica risalente al 1924, in cui Woolf, tentando di avvicinare il lettore alla percezione che ha del funzionamento della sua stessa mente descrive le ‘stanze luminose‘”.
Nuova forma per i romanzi
Altro aspetto che Valentina Borla evidenzia nella sua tesi è, ancora una volta, la modernità del linguaggio di cui Woolf e anticipatrice come già in ‘Mrs Dalloway’ (in cui si segue il flusso di coscienza dei personaggi, i loro ‘momenti di essere’, più che una trama canonica) così anche in ‘Orlando’: “È il 1928 quando Woolf pubblica Orlando – sottolinea l’esperta – . L’autrice propone l’opera al mercato editoriale con il sottotitolo “A Biography”, il che porterebbe a pensare che si tratti di una biografia – uno dei generi letterari privilegiati dalla critica letteraria inglese – incentrata su una figura maschile. Tuttavia, all’atto della lettura, l’orizzonte d’attesa del lettore non viene rispettato del tutto. Come ricorda Sullam nel suo studio Tra i generi, con quest’opera «Woolf intuisce un legame tra genere biografico e letteratura d’invenzione, tipico del ventesimo secolo». Il ritratto del personaggio di Orlando si scontra, dunque, con l’inverosimile della fiction: la storia si apre su una Londra in piena Epoca Elisabettiana e sempre su Londra si chiude, ma a distanza di quattro secoli”. E con l’arrivo di un bebè.
Buona lettura!
Il quinto e ultimo stralcio della tesi di laurea magistrale ‘A Street of One’s Own: lo spazio della flâneuse in Virginia Woolf’ di Valentina Borla.
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4 – A street of one’s own – Londra tra emancipazione e fantasmi
3 – A street of one’s own: pensieri in cammino per le nuove donne