Dalla flâneuse alla street haunter: donne che si emancipano e che arrivano a dissolversi in una Londra notturna e una spettrale. Con ‘A street of one’s own’ Valentina Borla, ci porta, passo per passo, sulle orme di Virginia Woolf
“Ma a me suppongo che consiglieresti il matrimonio?” disse Katherine, con gli occhi fissi sulla luna.
“Certamente, dovrei. Non solo per te, ma per tutte le donne. Perché, non sei niente senza di esso; sei viva solo a metà, usi solo metà delle tue facoltà; devi sentirlo per te stessa” (rispose William)
(…) “C’è più della vecchia zitella in te che del poeta” osservò lei brevemente.
Il ‘cammino’ verso l’indipendenza delle donne, ancora una volta, in Virginia Woolf è legato alle passeggiate per Londra, sue e dei suoi personaggi. Ma la scrittrice ci propone anche una Londra spettrale che dissolve l’identità di luoghi e persone.
Valentina Borla, in questo quarto stralcio della sua tesi ‘A Street of One’s Own: lo spazio della flâneuse in Virginia Woolf’, dopo Bloomsbury, ci porta questa volta lungo il fiume, in una delle prime strade illuminate all’epoca dai lampioni elettrici a Londra, aiutandoci a rileggere i passi liberatori compiuti dalle sue protagoniste rispetto alle imposizioni dell’epoca vittoriana, verso l’età moderna.
In ‘Notte e Giorno’ secondo William le donne non possono realizzarsi se non nel matrimonio. Katherine, dopo il diverbio, vuole proseguire da sola la sua passeggiata, ma lui si impone: “William Rodney arriva letteralmente a limitare la libertà della flâneuse, impedendole di proseguire la sua corsa liberatoria sull’Hungerford Bridge – spiega Borla -. L’uomo si sente ferito nel suo orgoglio di “old maid man”, che ricalca perfettamente il ruolo maschile autocratico, tanto da arrivare a prelevare con forza la ragazza per farla salire sul taxi, per timore del giudizio degli altri passanti”.
E qui ritorna lo stereotipo della ‘passeggiatrice‘: “Una donna che passeggia da sola a Londra nell’ora del crepuscolo rischia di essere additata come streetwalker, donna che dipende economicamente dagli uomini” , aggiunge Borla, mentre Katherine, anche se qui non riesce ancora a far valere i propri diritti, è una ‘street haunter‘ è autosufficiente sia a livello economico, in quanto possiede una situazione sociale stabile, sia per quanto riguarda la possibilità di scegliere cosa fare della propria passeggiata”. L’episodio citato “sarà determinante nel condizionare la scelta finale di Katherine verso “un uomo di più ampie vedute”.
Borla ci conduce anche attraverso la Londra immaginifica e spettrale di Street Haunting: A London Adventure che Virginia Woolf scrisse nel 1930: “In questo saggio la città ci viene descritta attraverso l’enorme occhio (enormous eye, leggibile, in inglese, per assonanza con I, ossia io) di una she/lei senza nome (…). La strada dissolve l’io dei personaggi nello spazio di Londra”, in una “atmosfera spettrale” che conduce a una generale “perdita d’identità”.
E’ il preludio alla figura androgina di ‘Orlando’ di cui Borla ci parlerà nel prossimo appuntamento.
Il quarto stralcio della tesi di laurea magistrale ‘A Street of One’s Own: lo spazio della flâneuse in Virginia Woolf’ di Valentina Borla.
‘Nella stanza di Virginia’, è la sezione che Virginia Woolf Project ha deciso di dedicare a chi vuole entrare nel mondo woolfiano, accedendo a tesi e studi che aprano nuove visioni, che come un faro gettino nuova luce su percorsi specifici che ci conducano all’essenza di questa scrittrice straordinaria.
3 – A street of one’s own: pensieri in cammino per le nuove donne
2 – A street of one’s own: la flâneuse per il giorno di Mrs Dalloway
Valentina Borla, 25 anni, provincia di Torino, è neolaureata al corso di laurea magistrale in Culture Moderne Comparate all’Università degli Studi di Torino.
Redattrice per giornali online, aspira a lavorare come docente di lettere presso la scuola secondaria.
Appassionata di viaggi, di letteratura, arte e fotografia, nel tempo libero scrive racconti e poesie. Cura il blog personale Scrivo solo quando piove
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